Vanna Marchi, coronavirus e marchio CE
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Vanna Marchi, coronavirus e marchio CE
Qualcuno l’avrà dimenticata, i più giovani neanche conosciuta, ma la signora Vanna Marchi è stata un grande protagonista della televisione e mi torna in mente a proposito di coronavirus e marchio CE.
L’arte di imbonire
Partita come imbonitrice televisiva con la figlia e un prestante brasiliano, vendeva tralci di vite ed altre amenità per risolvere problemi amorosi, di lavoro e di salute. A parte chi si è rivolto a Lei per risolvere problemi di salute perchè poteva essere giustificato, tutti gli altri erano in condizioni mentali più o meno normali, quindi nelle condizioni di tutti noi.
La signora Marchi veniva chiamata in tutte le televisioni e portava la sua verve a milioni di telespettatori, che tra il serio ed il faceto osservavano questo fenomeno sociale. Era chiaro a quasi tutti, che la signora con grande abilità riusciva ad attrarre gli spiriti più “semplici”, molto più numerosi di quanti pensiamo!
L’unico dispiacere che ho provato è che solo lei alla fine abbia pagato per i suoi raggiri e che nulla, neppure sul piano morale e del pubblico ludibrio, sia stato addebitato ai suoi volontari clienti.
Ritengo ci sia un limite alla credulità e ciò che in Veneto chiamiamo “momento de mona” infatti un momento non può durare giorni o mesi e oltre un certo limite il “mona” è del tutto scemo.
L’elogio quindi riguarda la simpatia, la carica di energia, la foga e l’impegno che Vanna ci metteva nella sua attività imbonitrice e per questo la ricordiamo con un po’ di nostalgia, vendite a parte.
Il “de cretinis”
Tutto questo è ispirato da ciò che è successo durante il periodo più grave del coronavirus, dal quale peraltro non siamo ancora usciti ma del quale si intravede la fine. Dopo una settimana dall’inizio della crisi il Presidente del Consiglio ha approvato un decreto, primo di tanti, che verteva tra l’altro sui dispositivi di protezione.
All’indomani di questo documento, in tempi quindi non sospetti, noi scrivevamo “arrivano gli amici degli amici”, perché sapendo leggere, in quelle righe c’erano già i prodromi di quello che sarebbe stato evidente nel decreto del 18 marzo che ho ribattezzato il “de cretinis” e che qualcuno che ho stimato ancor di più dopo questa esternazione, ha definito “circonvenzione di incapaci”.
Con questo, mi riferisco esclusivamente alle parti relative ai dispositivi di protezione dal virus, non essendo esperto in tutti gli altri punti di quel decreto.
Non mi occupo di massimi sistemi, per questo siamo già pieni di esperti, virologi, tuttologi, imbrattacarte e frequentatori di show televisivi nei quali, con la stessa fortuna dei meteorologi, vaticinavano sul virus che era poco più di un’influenza e su mascherine e guanti che un giorno servivano e l’altro no.
Marchiatura e marcatura CE
In questi mesi ho parlato con migliaia di persone, tutte direttamente interessate ai dispositivi di protezione, e non ne ho trovata una, anche tra chi ha seguito le indicazioni del de cretinis e dei suoi derivati, che abbia espresso meno di disgusto verso quel documento.
Purtroppo pochi hanno capito che la deroga riguardava la marchiatura (applicazione del marchio su un prodotto) e non la marcatura (procedura che consente di garantirne la sicurezza).
Ancora meno chi ha letto la circolare del Ministero della Salute che dopo la pubblicazione del “de cretinis” ammoniva chi lo aveva ispirato e chi doveva applicarlo:
- “ i dispositivi devono rispettare la legge europea”, che prevede l’esecuzione di una precisa procedura e l’applicazione del marchio CE.
Infatti la deroga, tanto sbandierata da finti creduloni o da totali idioti, consentiva di risparmiare l’inchiostro necessario per stampare il marchio CE e nulla più. Tutte le altre informazioni dovevano essere stampate, nessuna esclusa.
Quel documento ha aperto le porte e le mangiatoie a tutti coloro che fregandosene delle leggi, del decreto e del buon senso, hanno prodotto qualsiasi cosa, spacciandola per altro. Coronavirus e marchio CE parevano estranei uno all’altra.
Giusta informazione per evitare errori, mancanze e sprechi
Se le autorità avessero comunicato che:
- per la protezione dagli spruzzi di saliva sarebbe stato sufficiente un fazzoletto, una sciarpa o un foulard,
- al personale ospedaliero erano necessari i dispositivi medici,
- per il personale in area covid erano necessari i dispositivi di protezione individuale,
invece di fare tutto il contrario, forse avremmo evitato:
- lo spreco dei DPI, usati dalla popolazione e tolti alla disponibilità del personale sanitario.
- L’uso scorretto dei DM meno protettivi dei DPI, ma per convenienza degli amici degli amici si è fatto credere il contrario. I DPI infatti non si potevano oggettivamente produrre e testare, non esistendo in Italia laboratori per farlo. Era dunque più conveniente puntare sui DM di classe I e dire alla cittadinanza che i DPI erano per uso corrente. Molto più validi i DM.
- Il proliferare di prodotti ridicoli come le “orecchie di elefante” che nulla avevano a che fare con la protezione ed il rispetto della legge. Rispetto della legge che impone la presenza di un fascicolo tecnico per ogni prodotto, di cui molti produttori non hanno ancora MAI sentito parlare.
A chi ha giovato tutto ciò?
Tra le chicche di questo periodo e che vedono protagonisti migliaia di soggetti in un coacervo realmente by partisan, dobbiamo annoverare:
- i furbi che hanno emesso certificati falsi,
- quelli che hanno utilizzato certificati falsi,
- quelli che hanno smerciato miliardi di mascherine fuori legge, anche dopo che le stesse sono state segnalate pubblicamente,
- coloro i quali hanno continuato ad accreditare gli emettitori di documenti falsi,
- coloro che invece di perseguire i veri malfattori se la sono presa con la farmacista che aveva 400 mascherine fuori regola appioppandole 42.000 euro di multa,
- chi ha investigato per non scoprire nulla,
- i doganieri che, non paghi di ciò che fanno in continuazione, hanno inventato regole nuove,
- gli spedizionieri per i quali tutte le merci bloccate in dogana sono grasso che cola
Questo elenco potrebbe continuare, ma ci fermiamo qui per decenza.
Abbiamo taciuto nei momenti più gravi di questa crisi, ma ora che possiamo uscire, ammucchiarci nelle movide, nei festeggiamenti calcistici ed al mare, adesso che qualcuno rifiuta di sottoporsi ai controlli e genera vari focolai, finendo poi lui stesso in ospedale, possiamo parlarne, così un ricordo rimarrà scritto.
Cos’hanno a che fare Vanna Marchi, coronavirus e marchio CE?
Tutto questo fa rimpiangere Vanna Marchi, che raggirava, ma alla luce del sole, a squarciagola ed a suo modo simpaticamente, perché mettendola confronto con Fontana, Gallera, Locatelli & Co. ne esce largamente vincitrice.
Forse il covid bisognava farlo combattere a Lei, magari si sarebbe arreso subito.
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