La dichiarazione di conformità
La dichiarazione di conformità è il documento redatto e sottoscritto dal Fabbricante, se non è residente nell’Unione Europea dovrà avvelersi di un mandatario o dall’Importatore. In essa si dichiara che il prodotto rispetta le specifiche leggi che lo disciplinano.
Cosa è la dichiarazione di conformità?
(Qualcuno la chiama DICO, il che genera inutile confusione)
Contrariamente a quanto molti pensano e divulgano, anche quando si ricorre ad un Organismo Notificato, la marcatura CE e la Dichiarazione di Conformità che ne fa parte, sono una responsabilità esclusiva del Fabbricante o dell’Importatore.
Un laboratorio od un Organismo Notificato, può certificare che il campione di un prodotto rispetta le norme che lo disciplinano, ma non può rilasciare la dichiarazione di conformità e fare la marcatura CE, perchè quest’ultima comprende anche il controllo di produzione, che può essere svolto solo dal fabbricante.
Confondere tra le prove sul prodotto e la conformità di tutta la produzione è un errore comune e spesso divulgato e sfruttato da chi ne trae vantaggio. La responsabilità non si può MAI delegare.
Come si fa la dichiarazione di conformità?
Tutte le leggi lo spiegano ed è molto semplice, essa deve contenere:
- dati del fabbricante e del legale rappresentante
- dati e descrizione generale del prodotto
- direttive, Regolamenti e norme a cui il prodotto è conforme
- informazioni relative alla produzione es: n° matricola, lotto, partita, etc.
- identificativo dell’Organismo Notificato (qualora esso sia obbligatorio)
- luogo, data e firma autografa di chi la sottoscrive
ma… attenzione, la Dichiarazione di Conformità deve esserci sempre, è indispensabile, ma non sufficiente, quindi non va confusa con la Marcatura CE, di cui è solo una parte.
Esiste anche un altro tipo di Dichiarazione di Conformità, quella di installazione, che devono rilasciare tutte le imprese che eseguono impianti, installazioni o montaggi di sistemi, come ad esempio l’impianto di riscaldamento o l’impianto idraulico. Questa però non va confusa con quella della marcatura CE.
La nostra società fornisce l’assistenza e la consulenza per la marcatura CE dei prodotto, la redazione della dichiarazione di conformità ed il servizio di gestione del fascicolo tecnico.
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La dichiarazione di conformità - Domande e risposte
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Egr. Ing. Carraro,
La certificazione CE persa dal cliente utilizzatore, può essere pretesa dal costrutto oltre i 10 anni dalla messa in servizio.
Grazie
Il produttore deve conservare il fascicolo tecnico per 10 anni, dopo tale data può legittimamente distruggere quel fascicolo e comunque non risponde più della sicurezza della macchina, anche se taluni giudici, evidentemente ignorando la legge e nel tentativo di coinvolgere quanti più soggetti possibili, con l’obiettivo di trovare qualcuno che paghi, chiamano in causa i costruttori anche dopo 15 anni, ma questa è l’Italia degli italiani, non della legge.
Dopo 10 anni che ha la macchina dovrebbe rifare la marcatura CE, in quanto unico soggetto che ne risponde civilmente e penalmente.
La saluto cordialmente.
Ing. Carraro
Salve, io devo effettuare la conversione di un forno da panificatore, attraverso la sostituzione del bruciatore, che passerebbe da gasolio a pellet. Devo rilasciare la dico e la marchiatura CE? Per quanto concerne la dico a quale norma dovrei fare riferimento? normativa macchine?
Salve, innanzitutto si faccia un grande favore, cioè elimini le sigle dal Suo ambito di lavoro e se deve dire dichiarazione di conformità, dica dichiarazione di conformità, in fondo non è su questo che dobbiamo risparmiare.
La dichiarazione di conformità CE (da non confondere con la dichiarazione di conformità di installazione o di impianto) è la punta dell’iceberg che si chiama marcatura CE, quindi è bene considerare ciò che si vede e ciò che non si vede altrimenti si fa la fine del Titanic.
La marcatura CE prevede la realizzazione del fascicolo tecnico, che è un insieme di documenti e di cose da fare, che il costruttore deve conoscere e saper fare.
Lei cambiando bruciatore cambia di fatto tutto il prodotto che quindi deve essere marcato da zero ed alla fine ci sarà da redigere anche la dichiarazione di conformità, ma ALLA FINE.
La saluto cordialmente
ing. Carraro
ah ah ah, speriamo! 🙂
Certo, la procedura completa come ha riportato in diversi Sui interventi all’interno del Suo blog.
In realtà se uno spulcia bene tutto il Suo blog, trova tutte le informazioni che servono, poi in autonomia ci si può documentare per il proprio caso specifico e redare i documenti necessari.
Anche se ha fatto il “buio” si vede la luce in fondo al tunnel 😉
Grazie
Massimiliano
Speriamo che non sia il faro del treno!
Ing Carraro,
con le Sue parole e con i documenti che mi ha indicato, ho già trovato una delle risposte che stavo cercando. Riporto direttamente dalla DIRETTIVA 2004/108/CE sulla compatibilità elettromagnetica:
“Non è giustificato effettuare la valutazione della conformità
di un apparecchio immesso sul mercato per essere
integrato in un dato impianto fisso, e non altrimenti
commercializzato, separatamente dall’impianto fisso nel
quale deve essere incorporato. Un tale apparecchio
dovrebbe quindi essere esonerato dalle procedure di
valutazione della conformità abitualmente applicabili agli
apparecchi, ma non dovrebbe compromettere la conformità
dell’impianto fisso in cui è integrato. Se un apparecchio
fosse integrato in più impianti fissi identici, l’identificazione
delle caratteristiche di compatibilità elettromagnetica
di tali impianti dovrebbe bastare per garantire
l’esonero dalla procedura di valutazione della conformità.”
Lei è illuminante! 🙂
Massimiliano
Salve, ora però faccio un pò di “buio”, nel senso che ho già detto che l’obiettivo è la sicurezza, quindi per poterci arrivare sono comunque necessarie:
– analisi dei rischi
– istruzioni d’uso
– dichiarazione di conformità
– etichetta identificatrice
– procedure di controllo della produzione
In sintesi: il fascicolo tecnico.
Ricordi che Lei non deve rispettare solo la compatibilità elettromagnetica, dato che nel sistema a cui è dedicato il suo prodotto c’è anche tensione superiore a 50 V.
Quindi certamente la compatibilità elettromagnetica è ininfluente, ma ciò non significa che la sicurezza vada trascurata, perciò se da un lato la direttiva bassa tensione non impone test, impone però la marcatura CE, intesa non come marchietto appiccicato, ma come procedure per garantire la sicurezza dei prodotti.
La saluto cordialmente
ing. Carraro
Ing. Carraro,
la Sua celerità è encomiabile! Mai mi sarei aspettato, dopo le esperienze che ho avuto in Italia e all’estero, di trovare attenzione così in fretta anche qui in Italia! Complimenti!
Detto questo, ho scaricato la direttiva bassa tensione e l’ho letta, non ho ancora fatto la stessa cosa per la direttiva sulla compatibilità elettromagnetica ma lo farò senz’altro e probabilmente, come non l’ho trovato all’interno della direttiva bassa tensione, non lo troverò neppure nell’altra alcun richiamo a test di laboratorio.
Questo però mi mette in ulteriore difficoltà perchè la mia progettazione, rispondente in toto alle necessità tecniche del mio committente, dovrebbe rispondere a quali altre necessità in termini di sicurezza? Forse il mio vero problema è l’individuazione delle “regole dell’arte” da seguire per operare sin da principio nel modo in cui la conformità discenda direttamente dal rispetto di quest’ultime!
La ringrazio ancora per il tempo speso con me!
Massimiliano
Nel Suo lavoro, come in quello di tutti noi, deve (a mio avviso) esserci una priorità assoluta: LA SICUREZZA DEL PRODOTTO!
A questo puntano tutte le direttive sulla marcatura CE.
Usando un minimo di buon senso si comprende che:
– un certificato di prova è utile (serve) solo al produttore, per togliergli eventuali dubbi
– solo il produttore di prodotti di serie, è in grado di garantire la conformità della serie
– anche nei casi in cui i certificati sono richiesti obbligatoriamente dalle direttive, sono uno strumento ad esclusivo uso e beneficio del produttore.
Quindi per quali recondite ragioni ci solo stuoli di “esperti” che cercano di convincere praticamente tutti a fare inutili test? La risposta la lascio a Voi, o a qualche “venditore di test” se vorrà intervenire, io da parte mia le idee le ho chiare.
Lei produce dei componenti elettrici/elettronici che immagino conosca bene, dato che li ha progettati e costruiti e Lei deve sapere se sono sicuri oppure no.
Naturalmente se ha dei dubbi può rivolgersi a qualcuno per farseli togliere.
Partendo dall’ipotesi che il Suo prodotto sia sicuro, Lei deve preparare tutta la documentazione che dimostra tale sicurezza e questa la può fare rispettando le direttive che regolano il Suo prodotto.
Può farlo da solo o può farsi aiutare da un consulente, inutile che Le consigli a chi rivolgersi, sarebbe ridicolo.
Nel caso ritenga che il costo del consulente sia più vantaggioso che mettersi Lei a studiare e ad applicare le direttive, sceglierà il consulente, se invece pensa di poter risparmiare facendo da solo, può fare tutto da autodidatta.
L’importante è che non butti via soldi pensando di DOVER fare cose che invece PUÒ scegliere di fare.
La libertà e troppo bella per lasciare che dei “furbetti” ce la portino via,
La saluto cordialmente
ing. Carraro
Buongiorno,
ho progettato e realizzato una scheda elettronica per un cliente che la installerà all’interno dei suoi quadri elettrici industriali che asserviranno al funzionamento di macchine agricole per l’essicazione di grano e frumento.
La mia scheda opererà come interfaccia di campo venendo gestita da un pannello operatore attraverso bus Modbus. Sarà alimentata con una tesione di 24VDC ed avrà ingressi digitali e uscite a relè che potranno supportare tensioni alternate fino a 230VAC con correnti massime di 10A. Facendo una ricerca, “dovrei” (uso il condizionale perchè non sono ancora sicuro che il campo di applicazione della norma che indico sia il mio) presentare una dichiarazione di conformità secondo la IEC 61010-2-201:2013 e quindi mi accingo a procedere all’iter attraverso un laboratorio che può eseguire i test relativi. La mia domanda è questa: “Da parte mia è sufficiente l’applicazione di questa direttiva per bassa tensione e quindi i relativi adempimenti per compatibilità elettromagnetica (EN 61131-2:2007) dovranno essere verificati dal costruttore finale oppure no?” Il mio dubbio è sul fatto che per quanto riguarda la compatibilità elettromagnetica, se ho capito bene i test possono essere operati solo sul prodotto finito, e questa parte non mi compete, ma vorrei poter mettere il mio cliente nella condizione in cui, seguendo delle indicazioni, può ritenersi in linea con le direttive del caso, senza dover eseguire eventuali test sul quadro elettrico.
Spero di non essere stato troppo confuso 🙂
Grazie dell’aiuto.
Massimiliano
Salve, Lei è stato chiarissimo, purtroppo la confusione gliel’ha comunicata qualcun’altro, oppure Lei ha letto nei posti sbagliati.
Non voglio fornirLe alcuna risposta, che ovviamente conosco benissimo, perchè questo comporta che poi Lei deve fidarsi di me, invece Le dico:
– si scarichi da internet la direttiva di compatibilità elettromagnetica
– si scarichi da internet la nuova direttiva bassa tensione 2014/35/UE, in particolare in questa legga il “considerando n°9”
Dopo aver fatto tutto ciò se Lei trova un solo punto in cui queste due direttive Le impongono di fare un qualsiasi test di laboratorio, mi scriva un altro commento e mi dia pure dell’asino, lo pubblicherò senz’altro.
Non comprendo per quale ragione gli italiani, quindi non Lei in particolare, ritengano che le norme siano leggi da rispettare, mentre non lo sono affatto, mentre trascurino le direttive che invece sono leggi obbligatorie e valgono su tutto il territorio europeo.
Forse invece di seguire la legge e fare le cose bene per conto proprio, preferiscono essere presi in giro spendendo soldi in inutili e non richiesti certificati? Spero di no o almeno spero che le cose cambino.
Nel caso ritenga di aver bisogno del nostro aiuto, siamo a disposizione, per farLe rispettare la legge e non per prenderLa in giro, vendendole carte inutili.
La saluto cordialmente
ing. Carraro
Salve,
mi servirebbe una precisazione. Se rivendo un’attrezzatura con certificato CE di oltre 12 anni sono obbligato ad emettere una nuova dichiarazione CE sia nel caso che sia una macchina di mia produzione sia che sia di produzione di un terzo? Ho letto che dopo 10 anni in caso di rivendita la dichiarazione è da rifare da parte del venditore.
Grazie per ogni commento
Salve, la questione è controversa in quanto la legge dice delle cose che sembrano essere contrastanti.
La direttiva afferma che il fascicolo tecnico deve essere conservato per 10 anni, se ne deduce che dopo tale periodo il costruttore può eliminarlo e quindi non vi è modo di stabilire la sua responsabilità. Quindi sorge la domanda, chi sarà responsabile? La risposta è semplice: chi gestisce ed utilizza la macchina anche in base alla legge 81/08. Il passaggio successivo però non è automatico, ovvero se la macchina dopo 10 anni è priva di fascicolo tecnico, è necessario rifarlo?
Guardando gli aspetti concreti della sicurezza, è abbastanza chiaro che dopo 10 anni di utilizzo possono esserci le condizioni per una profonda revisione dell’intera macchina.
C’è però un’interpretazione più “accomodante” che afferma che le macchine usate e rinvendute non hanno necessità di rimarcatura, ma non è spiegato se entro i 10 anni oppure no.
C’è anche un’altra legge che afferma che chi vende un prodotto con il proprio nome, viene considerato come produttore, quindi mettendo assieme le due cose si potrebbe dire e questo è il mio parere, che si può vendere una macchina usata entro i 10 anni dalla sua costruzione, comparendo come rivenditore, lasciano l’etichetta ed il nome del produttore originario.
Dopo i 10 anni la vendita della macchina presuppone la sua conformità alla direttiva e quindi la presenza di un fascicolo tecnico che non è più disponibile (quello originale), quindi è necessario rifarlo.
Questo comporta una profonda analisi della macchina allo stato attuale e la dimostrazione formale che tutte le sicurezze sono attive ed efficaci e rispettano gli standard attuali e non quelli di 10 anni fa.
La mia interpretazione certamente restrittiva, parte dalla considerazione che se è la sicurezza che deve essere garantita, questa è una strada efficace. se invece si vuole dimostrare un rispetto formale della legge, cercando di percorrere la strada più breve e più semplice, a prescindere dalla sicurezza oggettiva, allora si può dare ascolto alle interpretazioni semplicistiche, con le quali non entro in polemica, perchè non è questo l’obiettivo di questo blog.
Si tratta di chiarire se l’obiettivo è vendere una macchina sicura, sulla quale i rischi siano stati ridotti al minimo, oppure se è il rispetto formale della legge e dei vari cavilli. Nel primo caso si potrà stare tranquilli, perchè le possibilità di incidente sono ridotte al minimo, nel secondo caso ritengo che la situazione sia diversa, anche se molti si accontentano. Ha presente quelli che acquistano il diploma o la laurea?
Rimangono due aspetti certamente non confutabili:
1- in caso di incidente, chi risponde è colui che ha venduto la macchina e chi ne ha la responsabilità di utilizzo (datore di lavoro).
2- chi subisce un incidente mortale non ha mai la possibilità di esporre le sue ragioni in tribunale e questo a mio avviso è l’aspetto più importante, ovvero il rispetto della vita altrui.
Purtroppo i fautori delle soluzioni semplici sono sempre presenti in tribunale e non sono mai gli utilizzatori delle macchine, forse cambiando ruolo cambierebbero anche le loro tesi.
La saluto cordialmente.
ing. Carraro
Buongiorno,
pur essendo tendenzialmente daccordo con quello che dice, voglio far notare quanto segue:
– la modifica della funzione di sicurezza richiesta è su una macchina non mia (quindi non sono in possesso del fascicolo tecnico contenente analisi dei rischi)
– il miglioramente delle condizioni di sicurezza è palese in quanto qualunque funzione di sicurezza (anche se non sufficiente) è meglio di nessuna funzione di sicurezza (più complesso è il caso della sostituzione della barriera (guasta) con una più moderna in quanto quella installata non è più commercializzata).
Prendendo spunto da quello che dice, posso presentare come documentazione al mio cliente l’analisi della funzione di sicurezza aggiunta (o modificata) e dichiarare di aver raggiunto il PLe (il massimo, quindi non superabile).
La mia volontà di non firmare di mio pugno una dichiarazione di conformità di una macchina non mia, non è legato tanto alla “semplificazione”, o eventualmente alla mia “svogliatezza” (non professionalità potrebbe anche essere), quanto al mio desiderio di non assumermi responsabilità su un macchinario solo per aver riparato il guasto di una barriera.
Spero non mi biasimi per questo.
La mia domanda è invece se sono obbligato ad assumermi la responsabilità di tutta la macchina oppure no. In caso affermativo credo rifiuterò il lavoro e piuttosto inviterò il cliente a rivolgersi ad uno studio per l’analisi dei rischi o direttamente al costruttore.
In caso negativo volevo sapere esiste una dichiarazione formale (in cui attesto la corretta installazione e messa in servizio della funzione di sicurezza) o dovrò fare una dichiarzione informale.
Cordiali saluti
Buongiorno, La ringrazio per la sincerità e la correttezza, è sempre un piacere interagire con persone come Lei.
Ribadisco che Lei mi ha dato solo l’innesco per una riflessione che non riguardava Lei ed il Suo caso, ma in generale ciò che leggo e sento durante il mio lavoro.
Quando ho risposto sapevo bene che Lei non aveva a disposizione il fascicolo tecnico, per questo ho scritto di documentare la situazione prima dopo l’intervento, creando così sorta di parentesi documentale, nella quale Lei può inserire tutti gli elementi che illustrano in modo chiaro e soddisfacente gli interventi eseguiti.
Dire che qualcosa è meglio di niente è corretto, ma dire non è sufficiente, è necessario dimostrare, quindi se Lei documenta la situazione “ante” e la situazione “post”, potrà dimostrare che la situazione è migliorata e non peggiorata.
Le faccio un esempio di miglioramento peggiorativo: sostituisco una catena che delimita un zona pericolosa (catena collegata ad un micro che interrompe il funzionamento) con una barriera a raggi infrarossi. Apparentemente ho migliorato la sicurezza, ma non è così, perchè se la catena viene rimossa lo si può vedere immediatamente, se la barriera ad infrarossi funziona male non si vede e posso accedere alla zona pericolosa con macchina funzionante.
Naturalmente il tutto va pensato per un operatore “non esperto”, in inglese il termine foolproof (a prova di stupido) significa infallibile, un professionista che si occupa di sicurezza, deve a mio avviso tenere presente questo modo di lavorare, ovvero foolproof, perchè se usassimo sempre l’intelligenza media di cui siamo dotati, gli incidenti sarebbero ridotti drasticamente, invece spesso ci comportiamo da stupidi e provochiamo incidenti.
Quindi parta da questa domanda:- E se in questo posto arriva lo “stupido” di turno cosa succede? Lo stupido di turno possiamo essere tutti, quando agiamo stupidamente con il cervello sconnesso, e ciò è ancor più facile per le azioni ripetitive.
Per quanto riguarda l’assunzione di responsabilità non spetta a me dare giudizi, mi basta occuparmi di ciò che faccio io, tenga però presente che un Suo errore può causare problemi non solo a Lei, ma anche al Suo cliente e questo deve essere il principio etico con cui dovrebbe operare ogni professionista.
La legge in ogni caso identifica le responsabilità a prescindere dalla presenza della firma, ma sottoscrivere il lavoro che si esegue, dimostra che chi fa qualcosa, dichiara che se ne assume la piena responsabilità e questo mi sembra semplicemente corretto.
Cordiali saluti e buon lavoro.
ing. Carraro
Buongiorno,
mi è stato chiesto di eseguire un intervento per la sostituzione di barriere di sicurezza obsolete con dispositivi più recenti e di aggiungere delle barriere di sicurezza su una macchina non provvista. Da quello che ho capito, interventi di modifica per aumentare il livello di sicurezza non comportano una nuova immissione sul mercato e quindi una nuova dichiarazione di conformità (art. 71 comma 5 del DLgs 81/08). E’ corretto? Devo comunque rilasciare un qualche documento del lavoro svolto (es. una dichiarazione di corretta installazione o altro)?
La ringrazio anticipatamente
Salve, Lei affronta un bell’argomento sul quale si può disquisire a lungo, perchè nel nostro Paese siamo “maestri” di interpretazione.
La 81/08 dice appunto che interventi di miglioramento della sicurezza non comportano l’obbligo di rimarcare la macchina, ma di questo concetto non c’è traccia nella direttiva macchine, che disciplina le macchine e le relative modifiche.
Faccio alcune semplici obiezioni, sotto forma di domande:come si dimostra che l’intervento eseguito migliora la sicurezza? come si dimostra che l’intervento è stato eseguito correttamente? come si dimostra che non si è alterata la condizione di sicurezza generale della macchina?
La sicurezza oltre che oggettiva deve essere anche formale, cioè dimostrata documentalmente, personalmente ritengo che questa formalizzazione sia estremamente importante.
Ad esempio solo un’analisi dei rischi condotta in modo analitico e documentato può essere valutata, mentre quella che si basa sulla capacità del progettista, per quanto possa essere bravo, non trova alcun riscontro e possibilità di emendamento.
Quindi io appartengo alla scuola di pensiero secondo la quale la sicurezza viene prima e sopra tutto e che non può essere la “fatica” di mettere su carta ciò che si fa (progettazione, modifica, miglioramento) che intralcia il perseguimento di questo obiettivo.
Pur rispettando le opinioni altrui, ritengo che tutti coloro che promuovono la “semplificazione” in ambito della sicurezza, sono molto spesso degli “svogliati poco professionisti”, piuttosto che tecnici seri e capaci.
Per semplificare si potrebbe evitare di mettere la firma sugli assegni di pagamento, oppure citando Grillo, fare le turbine degli aerei con un pò di plastica e titanio ed una stampante in 3D.
Una prova che io proporrei per tutti i progettisti e per tutti coloro che eseguono “interventi di miglioramento” sulle macchine, consiste nel farli lavorare su quelle macchine, forse per qualcuno amante della semplificazione cambierebbe l’ottica di osservazione.
Il tono volutamente polemico non è certo rivolto a Lei, come può ben capire, ma deriva dal fatto che nei tribunali non incontro MAI i morti sui luoghi di lavoro, invece trovo SEMPRE quelli che spiegano, come la colpa sia di quello che è morto.
La mia opinione è quella di trattare la modifica come un intervento che parte da un situazione oggettiva e documentabile per arrivare ad un’altra situazione altrettanto oggettiva e documentabile e poi fare la verifica di quale delle due situazioni sia più sicura, ma questo processo ricalca per quanto di competenza, il percorso di marcatura CE (integrazione dell’analisi dei rischi, integrazione del manuale, integrazione in sintesi di tutto il fascicolo tecnico), quindi cosa c’è di diverso tra applicare il buon senso e fare il percorso di marcatura CE su quello che si fa? Assolutamente nulla.
La saluto cordialmente.
Ing. Carraro
Salve,
vorrei importare da produttori Cinesi dei dispositivi per la cura della persona (ad uso estetico e non medicale), non ho intenzione di rivendere i prodotti ma solo di utilizzarli nel nostro centro. I produttori sono in possesso di certificato di conformità EMC emesso da TUV. Volevo chiederle gentilmente se questo è sufficiente oltre che ad importare il prodotto anche al suo utilizzo sul suolo nazionale. L’originale della certificazione è in possesso del fabbricante, all’acquirente è sufficiente una copia di questo certificato?
Se la copia del certificato non è sufficiente quali sono le strade percorribili?
La ringrazio se potrà darmi delucidazioni in merito.
saluti
Salve, per rispondere alla Sua domanda, Le allego il link ad un nostro articolo e comprenderà perfettamente la valenza dei certificati in possesso del produttore
http://www.marcaturace.net/iso-9001-2008/basterebbe-fare-la-traduzione
La copia di un certificato è sempre un falso in quanto copia ed il prodotto che Lei acquista è una copia di quello che è stato certificato, quindi Lei acquista una copia garantita da una copia, sembra una presa in giro, ma è esattamente ciò che succede, la cosa più incomprensibile è come le autorità di controllo e gli stesi importatori, si lascino influenzare o per meglio dire ingannare, dai termini “certificati” e “certificazione”, quelli che vengono consegnati sono solo pezzi di carta, che dicono assolutamente nulla.
Ciò non significa che i prodotti non siano conformi, possono essere i migliori del mondo, ma se lo sono è solo merito del produttore e non del certificato, il produttore è l’unico che può usare in modo utile quel documento, perchè gli assicura che un campione andava bene e che se lui costruisce tutti i prodotti come il campione, andranno bene anch’essi.
Ma come sta scritto nei certificati e come riportato nell’articolo, il certificato non dice nulla sul prodotto di serie, cioè quello che acquista Lei.
Questi prodotti devono rispettare i parametri indicati dal Ministero, devono poi essere marcati CE da Lei e solo dopo potranno essere utilizzati nel Suo laboratorio, anche se non li vende, perchè il loro utilizzo coinvolge terze persone e perchè in ambiente di lavoro si possono usare solo macchine apparecchiature CE, come prescrive la legge 81/08.
Spero che la risposta sia chiarificatrice.
La saluto cordialmente
ing. Carraro
Salve Ing. Carraro.
Abbiamo a dsiposizione una pressa a canale per compattare rifiuti plastici e cartacei(quindi a rigore non rientra nell’allegato 4 della direttiva macchine). Di questa macchina costruita nel 1989 abbiamo una fotocopia del manuale senza dichiarazione di conformità, e fotocopie di schemi pneumatici ed elettrici. Il titolare dello stabilimento ha praticamente smontato e rimontato questa pressa e la ditta costruttrice non vuole fare una revisione. Nello stesso tempo egli vorrebbe apporre la marcatura CE sulla macchina per usarla in sicurezza. Io ho rifatto l’analisi dei rischi ristabilendo e verificando tutte le protezioni, ho rifatto lo schema pneumatico e quello elettrico ma adesso sono un pò confuso sul da farsi. Gradirei se possibile il suo aiuto. Saluti
Salve, La ringrazio per la fiducia e certamente posso darLe una mano nei limiti delle mie conoscenze, mi invii alla mail carraro@xvoi.net le informazioni di cui dispone in merito a tale macchina e Le risponderò privatamente.
Come sa questo blog serve per le discussioni di carattere generale e non per le questioni specifiche, che non coinvolgono tutti nella discussione.
Attendo la Sua mail e La saluto cordialmente.
ing. Carraro
Buon giorno,
sono un progettista hardware e software per impianti di automazione industriale. Devo installare un robot antropomorfo per la manipolazione di tavole di legno e pallettizzazione. Per agevolare gli interventi di ripristino e rimozione eventuale delle tavole,
vorrei evitare di impiegare ripari fissi e penso di installare delle fotocellule di sicurezza sull’area da proteggere che in caso di attivazione dall’esterno bloccano il robot.Il mio dubbio è che al ripristino dei comandi una persona potrebbe trovarsi all’interno dell’area operativa del robot. Le chiedo cortesemente un suo parere sulla conformità di tale soluzione alla direttiva macchine 2006/42 e alle direttive per le integrazioni dei robots.Tenga presente che l’area di lavoro del robot è ben visibile e che per il ripristino degli ausiliari userei un sellettore a chiave.
Grazie e buona giornata.
Marco
Salve, Le rispondo con piacere anche se Lei pone una domanda molto specifica, perchè affronta un problema di interesse generale che è molto delicato.
Le barriere a raggi infrarossi o altro tipo di raggi, tendono a far ritenere che ci sia un protezione sicura, perchè se vengono intercettate interrompono l’alimentazione della macchina.
In realtà le barriere con fotocellula nel momento in cui non funzionano, perchè si rompono, non forniscono più alcuna protezione, però questo non si vede e quindi sarebbe a mio avviso molto più efficace una catena di plastica agganciata ad un micro attivatore.
Le barriere meccaniche sono le più efficaci, perchè impediscono fisicamente l’accesso e si vedono, naturalmente possono presentare altri inconvenienti, come le difficoltà realizzative o il prezzo, ma la scelta di un sistema di sicurezza deve essere proporzionale al rischio che corrono gli operatori, una vita vale sempre di più di qualsiasi protezione.
Che la fotocellula da Lei ipotizzata abbia dei limiti di sicurezza lo ha già evidenziato nel Suo commento, quindi non aggiungo altro, tenga presente che se le sicurezze sono create da una mente umana, un’altra mente umana le può eludere, ciò che deve dimostrare il costruttore è di avere fatto tutto ciò che è tecnicamente possibile per garantire la sicurezza dell’utilizzatore.
Cordiali saluti.
Ing. Carraro
Buon giorno,
stiamo per produrre delle lampade da tavolo in acciaio inox con rivestimento della parte luminosa di carta.
Le chiedo che caratteristiche tecniche deve avere il cavo di alimentazione, completo di interuttore, i porta lampada ed anche le lampadine che prevediamo a basso consumo o Led.
I componenti elettrici sono marcati CE, anche il prodotto finito dovrà essere marcato?
Se si quali sono le modalità?
Spero di non avere chiesto troppo, la ringrazio per l’attenzione.
Salve, come Lei saprà se segue questo blog, non forniamo consulenza tramite questo strumento per due ragioni:
– fornire informazioni specifiche e tecniche, come quelle da Lei richieste, significa fornire consulenza, di cui ci si deve assumere la responsabilità e noi riteniamo che questo debba avvenire, nel reciproco interesse, all’interno di un rapporto professionale. Perché Lei si dovrebbe fidare del mio parere e prendere delle decisioni che implicano una Sua responsabilità, senza conoscermi e senza potermi chiedere conto di ciò che affermo? Non crede che sarebbe troppo rischioso per Lei? In fondo io qui fornisco dei pareri personali e potrei essere un perfetto incompetente.
– ammesso che le mie risposte fossero corrette e Lei le potesse usare proficuamente per il Suo lavoro, non trova strano che Lei ricaverebbe un utile da delle risposte gratuite?
Lo scopo del blog è discutere ed informare di questioni generali che interessano a tutti, per gli operatori professionali come Lei, noi forniamo un servizio di consulenza, come ben illustrato in tutte le nostre pagine, chi lo vuole normalmente CE lo chiede, tramite una richiesta di preventivo.
La saluto cordialmente.
Ing. Carraro
buon giorno
lavoro nel settore paviementi in legno prefinito, ho trovato un fornitore Romeno che produce il parquet, possiede tutte le analisi sul prodotto, ma non ha ancora CE.
posso avvalorarmi di queste, creare un manuale opuscolo che le richiami ed utilizzare il marchio Ce per la vendita riportando schematicamente i dati reazione fuoco-pentaclorofenolo-formaldeide…. che rispettino normativa 14342
grazie
Salve, se non sbaglio la Romania è nell’UE, questo comporta onori ed oneri, quindi il produttore che ha i vantaggi di essere nell’UE, ha anche l’obbligo di marcare i suoi prodotti.
I pavimenti sono un prodotto da costruzione e per essere commercializzati devono essere marcati CE, mi pare che su questo siamo d’accordo, anche se per avere affermato proprio questo, sto affrontando un processo per calunnia intentatomi da un cliente, che non ha pagato la nostra consulenza affermando che i pavimenti sono prodotti da costruzione, ma non devono essere marcati CE. Casi della vita!
Lei per poter vendere i prodotti, dato che li acquista privi di marcatura li deve marcare e per farlo deve seguire quanto indicato dalla legge, altrimenti venderà dei prodotti illegali, non perchè siano fatti male, ma perchè mancano dei documenti previsti dalla legge.
Spero che ora non mi denunci anche Lei per calunnie, dato che ho affermato ancora una volta che un prodotto che ha l’obbligo di essere marcato CE e viene venduto senza marchio è illegale, perchè non rispetta la legge.
Cordiali saluti.
ing. Carraro
Salve, volevo porre una domanda.
Nella fabbrica dove lavoro produciamo macchine (progettazione, montaggio e immissione sul mercato) e quindi svolgiamo tutta la procedura per la marcatura CE (analisi dei rischi, manuali, dichiarazione di conformità). Un mio collega, per un impianto di smaltimento rifiuti ha acquistato delle presse compattatrici usate che non hanno manualistica, marcature CE e dichiarazione di conformità ecc . Per mettere in linea la macchina nell’impianto e rispettare le norme di sicurezza per che cosa occorrerebbe a livello di documentazione da produrre ? La ditta produttrice della pressa ha risposto negativamente ad una richiesta di revisione.
Salve, partiamo dalla fine, la ditta che ha venduto le macchine aveva l’obbligo di marcarle CE prima di venderle, e chi le ha acquistate doveva pretendere la marcatura CE. Entrambe hanno partecipato ad una transazione illegale, come la compravendita di un’auto senza targa, si può fare solo definendo “rottame” ciò che si acquista.
Chi ha acquistato si è assunto l’onere di fare la marcatura CE sulle macchine che ne sono prive, giova ricordare che se anche avessero avuto il marchio ed i documenti, ma fossero state più vecchie di 10 anni, la marcatura CE doveva essere rifatta comunque.
Il processo di marcatura a cui devono essere sottoposte è identico a quello che applicate per le Vostre macchine, compresa la verifica prevista dall’allegato IV della Direttiva Macchine.
Cordiali saluti.
Ing. Carraro
Buongiorno,
ho un dubbio riguardo al fatto che se un prodotto deve rispettare quanto stabilito da una Direttiva UE, poniamo ad esempio la 2004/108/CE compatibilità elettromagnetica. tale direttiva all’allegato II punto 7 impone:
– Nel caso in cui né il fabbricante né il suo mandatario siano stabiliti nella Comunità, l’obbligo di tenere la dichiarazione di conformità CE e la documentazione tecnica a disposizione delle autorità competenti incombe alla persona
che immette gli apparecchi in questione sul mercato della Comunità.
Il dubbio che ho è questo: l’importatore è obbligato solo a tenere la dichiarazione di conformità CE e documentazione tecnica a disposizione degli organi di controllo oppure non essendo il produttore una ditta all’interno dell’U.E. tutti gli obblighi ricadono sull’importatore? Compreso quello della redazione della dichiarazione di conformità CE?
Leggendo il recepimento italiano di tale direttiva mi pare di capire che l’importatore abbia solo l’obbligo di conservazione della documentazione per fornire alle autorità le informazioni del caso sul prodotto.
Grazie e buona giornata.
Gianluca
Salve, tutte le direttive sulla sicurezza dei prodotti sono rivolte al fabbricante presupponendo che esso sia all’interno della comunità europea essendo leggi della comunità europea, non esistono leggi che vadano oltre il territorio di competenza dell’organismo che le emette.
Nel caso in cui un fabbricante extra europeo desideri vendere i suoi prodotti in Europa, oltre a costruirli nel rispetto delle leggi europee deve nominare un suo mandatario per far in modo che ci sia un soggetto che risponde alla legge, infatti se il prodotto non è sicuro non si condanna il prodotto, ma il produttore e se questo non risiede in Europa ci vuole qualcuno che risponda civilmente e penalmente al posto suo.
Nel caso infine, in cui nè il produttore nè il mandatario siano presenti nel territorio comunitario, si assume questa responsabilità che immette il prodotto sul mercato, del resto la legge sulla sicurezza generale dei prodotti indica come “produttore” chiunque immetta sul mercato un prodotto con il proprio nome, che ci deve sempre essere.
Quindi il problema non è conservare la documentazione del produttore cinese, che è totalmente inutile per il mercato europeo, ma fare le veci del produttore al 100%, quindi redigere oltre a tutto il resto anche la dichiarazione di conformità, che deve essere firmata dall’importatore e non dal cinese che è un soggetto irraggiungibile dalle legge europea e potrebbe stare anche su Marte, mentre alla legge interessa qualcuno di raggiungibile ed eventualmente perseguibile.
Immagini che un prodotto sia fuoi norma e che la documentazione fornita dal cinese dica il contrario, a chi si farà la contestazione? All’importatore o al cinese?
Cordiali saluti
Cercherò di essere un pò più franco pure io.
Forse sono stato un po sintetico nel formulare la domanda.
Che il CE lo rilascia il costruttore e che non riguarda il singolo quadro ma l’ insieme della macchina è chiaro (graze fino e qui lo sapevo)!!! Io di fatto sto parlando di un organo di un impianto per la precisione un’ avanza nastro vecchio(molto) che non ha marchiatura CE alla base ed è in servizio da prima del 21\9\96 . Costruito all’interno dell’ azienda o da terzi questo non lo so ma mi importa relativamente,in considerazione del fatto che non è reperibile la documentazione, considero l’ azienda in cui lavoro la costruttrice di questo organo.
Io mi trovo nelle condizioni di ricevere una richiesta aziendale e in base a quello applicare la mia professionalità nel rispetto delle normative e in sostanza è proprio per questo il motivo che mi ha spinto a scrivere , non per ricevere titoli e ammonizioni gratuiti!! .
Alla domanda chi può rilasciare il CE era appunto per capire se l’ azienda avesse i requisiti per marchiare una macchina CE e se si, che professionalità sono richieste e che documenti. In oltre se può realizzare modifiche sostanziali internamente o costruisce attrezzature per se stessa, previa verifica da parte di un organo autorizzato secondo il dpr 459/96 essendo macchine rientranti l’ allegato IV di suddetto DPR, pur non essendo una ditta che produce impianti ma solo un nucleo produttivo, (visto che internamente capita di eseguire automazioni per la diretta produzione).E’ questo il dubbio che ho.
…Io non sono proprio la regola di nessun paese è il paese che mette a volte paletti insulsi che limitano le professionalità individuali !!!( VEDI I VARI ALBI PROFESSIONALI E LE LIMITAZIONI CHE CREANO PER CHI PROFESSA MA NON E’ ISCRITTO AD ESSO.. TIPO INSTALLATORI DIPENDENTI DI DITTE NON INSTALLATRICI….VEDERE NORMA DI RIFERIMENTO…ma questo è un altro discorso…))
..da cosa dipendo le mie scelte ? Leggendo normative di riferimento , applicandole il più rigorosamente possibile anche in base all’esperienza acquisita!!! non vedo in che altro modo fantascentifico si possa procedere!!!! Da come lei parla mi sembra di capire che intende inserirsi nel’ 1% della categoria be io NON la conosco e non voglio discutere di questo, ma pensare che intorno a se siano tutto l’ opposto mi pare essere un po egocentrica la cosa.. ma non voglio fare polemiche aggiunte.
distinti saluti
Un elettrotecnico qualunque
Salve, avevo chiarito anch’io che non era mia intenzione fare alcuna polemica ed alcun riferimento alla Sua persona, ma evidentemente non sono stato sufficientemente chiaro, oppure il mio discorso ha toccato qualche punto sensibile.
Io non appartengo ad alcun 1% infatti non costruisco macchine, non faccio impianti ed in generale non faccio lavori che non so fare e quando dico “non so fare” intendo dire che non mi accingo a progettare cose senza conoscere le leggi che le regolano o a costruire cose di cui non conosco gli aspetti delle sicurezza imposti dalle leggi.
Ora definire paletti insulsi le regole che impongono la sicurezza nelle macchine è appunto uno degli atteggiamenti di quel 99% di persone che non sanno le cose però le criticano, il che va benissimo al bar sport, ma non in ambito professionale, almeno io la penso così.
Se Lei prima di porsi il problema di come fare il lavoro si fosse posto la domanda se sapeva farlo e cosa fosse necessario sapere per poterlo fare, non avrebbe posto le domande che ha posto ma altre.
Infatti una semplice lettura della direttiva macchine, che è comprensibile al 100% delle persone che la leggono, anche se magari è meno piacevole della gazzetta dello sport e su questo sono d’accordo con Lei, consente di comprendere chi è obbligato e non autorizzato a fare la marcatura CE e se la legge prevede particolari professionalità per farla.
La semplice lettura della direttiva macchine esclude qualsiasi obbligo di ricorrere a qualsiasi professionista iscritto a qualsiasi albo, che ritengo delle semplici corporazioni medioevali, pur essendo iscritto ad uno di questi per motivi di lavoro, e l’obbligo di ricorrere ad un Organismo Notificato incorre solo in alcuni casi per le macchine in allegato IV.
La semplice lettura della direttiva macchine porta a recepire chiaramente che non è necessario fare una macchina da zero, ma anche una parte significativa, come ad esempio un quadro di comando o un sistema di sicurezza, per dover procedere alla marcatura CE, anche se non è necessario applicare il marchio se la macchina non viene posta sul mercato e per sapere questo basta leggere la legge 81/08 sicurezza sui posti di lavoro.
Ora io mi pongo una domanda, perché io che non costruisco macchine ho letto e riletto più volte la direttiva macchine e la legge 81/08, ed invece chi costruisce macchine o componenti o qualsiasi altro prodotto non lo fa? (non mi riferisco a Lei, ma alla Sua azienda, ed al quel 99% di cui Lei ovviamente non fa parte).
Perchè io che essendo incapace di costruire impianti e macchine, mi impegno a conoscere le leggi che regolano la sicurezza dei prodotti, e chi questi prodotti li costruisce non è interessato a conoscere quelle leggi, definendoli degli inutili orpelli? Anche in questo caso non parlo di Lei, ma ad esempio di tutte le associazioni di categoria? Anche questa è una domanda che io mi pongo e molti altri dovrebbero porsi in questo Paese.
Se io a volte non fornisco spiegazioni dirette è perché le ritengo pericolose, come sono pericolose tutte le scorciatoie, perché dire semplicemente:-la marcatura CE la fa il costruttore-, significa che quel costruttore non andrà mai a leggere la direttiva macchine, non saprà mai cosa prevede e molto probabilmente non la rispetterà.
Si comportano così ad esempio coloro che per fare la marcatura CE attaccano semplicemente l’etichetta adesiva, ma probabilmente questo succede solo nel Paese che conosco io e che sono così sfortunato da incontrare tutti i giorni, in quello in cui vive Lei, ci sono tutte persone che fanno un lavoro solo se lo conoscono benissimo e gli incapaci, guarda caso, si trovano solo nei “VARI ALBI PROFESSIONALI E LE LIMITAZIONI CHE CREANO PER CHI PROFESSA MA NON E’ ISCRITTO AD ESSO.. TIPO INSTALLATORI DIPENDENTI DI DITTE NON INSTALLATRICI”.
Se l’azienda avesse i requisiti reali (non documenti inutili rilasciati da altrettanto inutili enti), saprebbe come fare la marcatura CE e Lei non si porrebbe queste domande, non sto parlando di diplomi o attestati, ma di conoscenza vera, acquisita studiando, perché anche al tempo di internet “purtroppo” questo è uno dei modi per imparare, l’altro è farsi insegnare.
Il mio messaggio ovviamente poco chiaro o forse mal recepito era questo: se non conosce a sufficienza le regole che disciplinano il Suo lavoro, prima le studi e poi veda se riesce ad applicarle, ed in caso estremo ma proprio estremo, se lo faccia spiegare da chi ha maggiori conoscenze di Lei e pretenda le spiegazioni chiare e scritte e non delle risposte incontrollate su internet, come le mie delle quali Lei non ha alcuna garanzia, perché ciò che implica il Suo lavoro è la sicurezza Sua e degli altri ed in questi casi non si dovrebbero prendere le cose alla leggera e cercare le risposte da presunti esperti che scrivono su internet.
Naturalmente ci sono dei professionisti che per dare informazioni chiare e scritte pretendono perfino di essere pagati, pensando che il loro sia un lavoro, quelli è meglio lasciarli perdere e cercare facili e gratuite soluzioni in internet!!!! (se non fosse chiaro, l’ultima frase è ironica)
Salve , sono un elettrotecnico dipendente di una azienda metalmeccanica, e mi è stato chiesto di rifare l’ impianto elettrico di un avanzanastro oleodinamico di una pressa in quanto montava schede elettroniche vetuste e irreperibili.
Il quadro ,il bordomacchina e il software di gestione intendevo realizzarlo internamente all’ azienda senza appoggiarmi a ditte esterne.
A livello normatico come devo comportarmi per la marchiatura CE dell’ impianto ? Ho necessita di un progetto ? Chi può rilasciarmi il marchio CE ?
Sono grato dell’ aiuto
Buongiorno, Le chiedo scusa per la franchezza del mio discorso che non è indirizzato a Lei personalmente, ma si riferisce ad una situazione generale.
Nel nostro Paese ci sono persone come Lei ed aziende come la Sua, che sanno fare bene il loro lavoro (di questo non ho dubbi) però alla domanda: perché questo lavoro lo fai così? 99 volte su 100 non sanno rispondere se non in termini vaghi ad esempio: mi hanno insegnato così, fanno tutti così, si fa così.
Lei si sta accingendo a modificare una macchina, almeno una parte importante di essa, e certamente lo sa fare in modo corretto, ma saprebbe spiegarmi da cosa dipende ogni singola scelta che Lei va a compiere per eseguire questo lavoro? Mi permetta di ipotizzare la risposta negativa, perché in caso contrario Lei non porrebbe la domanda:Chi può rilasciarmi il marchio CE ?
Niente di strano, Lei non è un’eccezione anzi è la regola assoluta nel nostro Paese, per tale ragione ho fatto la premessa che ribadisco, non c’è assolutamente nulla di personale rivolto a Lei in ciò che sto dicendo, semplicemente questa è la realtà.
Se chi costruisce o interviene a modificare una macchina o un qualsiasi prodotto soggetto ad obbligo di marcatura CE, conoscesse almeno gli elementi essenziali delle direttive, saprebbe che il marchio CE non si compra, non si vende e non viene rilasciato da nessuno, IL MARCHIO CE LO FA IL COSTRUTTORE e per applicarlo sulla macchina deve rispettare la/le direttiva/e di riferimento, nel Suo caso la direttiva macchine ed eventualmente le norme armonizzate di prodotto.
Nel caso di una pressa, essa potrebbe rientrare nell’allegato IV della direttiva macchine e quindi esiste l’obbligo di rispettare la norma armonizzata oppure fare intervenire anche un Organismo Notificato, oltre a tutto il lavoro di marcatura CE.
Quindi siccome il tipo di macchina è tra quelle più pericolose, ritengo che si dovrebbe operare nel massimo rispetto di direttive e norme e non si può prescindere dal conoscerle.
Personalmente ritengo molto pericoloso per il legale rappresentante della Sua azienda ed anche per Lei, eseguire questo tipo di intervento senza le necessarie cognizioni legali, dato che quelle pratiche quasi certamente Lei le ha, infatti in caso di incidente futuro sarà chiamata a rispondere in prima persona la direzione ed in subordine Lei, quale esecutore materiale dell’intervento.
Quindi siccome un errore su questo tipo di macchine potrebbe provocare incidenti molto gravi se non letali, ritengo che una riflessione approfondita dovrebbe essere fatta prima di metterci le mani, poi ovviamente ognuno è libero di fare ciò che vuole e di assumersi tutte le responsabilità che crede, fermo restando che con la vita degli altri se non con la propria, sarebbe opportuno e doveroso andarci cauti.
Veda cosa prevede la direttiva macchine e poi esegua l’intervento se ritiene di essere in grado di mettere in pratica tutto ciò che la direttiva prevede.
Mi scuso se ho fatto delle ipotesi non vere e se involontariamente ho urtato la Sua sensibilità, a me premeva fare un discorso di interesse più ampio del singolo caso.
Cordiali saluti.
Salve,
ma la dichiarazione di conformità per un prodotto artigianale che non rientra in nessuna delle categorie indicate nella normativa per il marchio CE va fatta? e come si compila?
Salve, innanzitutto deve essere certo il fatto che un prodotto non rientra in nessuna categoria e se è proprio così il prodotto è soggetto alla direttiva 2001/95/CE sulla sicurezza generale dei prodotti.
Chi produce deve conoscere le direttive che regolano il suo prodotto e le deve applicare, siccome la dichiarazione di conformità è solo l’ultimo passo di un percorso che dubito Lei abbia fatto, è preferibile che Lei conosca tutti i Suoi obblighi piuttosto che impari a compilare un documento di cui non conosce l’esatto scopo, per tale ragione La invito a leggersi la sopra menzionata direttiva.
In ogni caso questo blog non fornisce modelli o format da compilare, bensì informazioni sulla sicurezza e sulla marcatura CE, le informazioni specifiche sono consulenza e non sono oggetto di dibattito su un blog.
Cordiali saluti.