Lucciole per lanterne.
Basta leggere attentamente per evitare imbrogli
In questo blog abbiamo affrontato il problema dell’errata valutazione dei certificati numerose volte, nonostante ciò riscontriamo che il problema sussiste e quindi torniamo sull’argomento, partendo da un esempio pratico.
Un’azienda che fornisce apparecchiature di illuminazione chiavi in mano, ha acquistato delle lampade e dei connettori che i fornitori dichiaravano IP68, quindi il massimo grado di protezione nei confronti delle persone e dell’acqua, e poi le ha fatte installare.
Dopo breve tempo circa metà delle lampade sono andate fuori uso, con conseguente blocco dei pagamenti alla ditta in questione.
Da un successivo controllo è risultato che le lampade avevano della condensa all’interno che mandava in corto circuito la parte elettrica.
Appare evidente che oltre al cliente finale, anche l’azienda che ci ha interpellato risulta parte lesa in questa vicenda, perché dei prodotti dichiarati IP68 chiaramente non lo sono.
L’azienda avrebbe dovuto contestare ai propri fornitori il materiale ricevuto ed attendere da loro la sostituzione, dell’uno o dell’altro componente ed in ogni caso un intervento più che immediato.
Cos’ha fatto invece l’azienda pur non avendo ancora incassato l’importo fatturato, perché il cliente finale giustamente si rifiuta di pagare?
Ha iniziato a chiedere spiegazioni al produttore, non alla ditta fornitrice e poi si è posta la domanda se esistevano i certificati IP68 delle lampade e se questi fossero veri o falsi.
Invece di pretendere il rispetto dei propri diritti, denunciando che quanto scritto dalle ditte produttrici non corrisponde al vero, perché almeno uno dei componenti non è IP68, la ditta si è avviata in un percorso, che oltre a non essere di sua competenza non porta da nessuna parte.
Infatti anche se esistessero dei certificati, eseguiti su campioni, che affermano che questi sono IP68, come cambierebbe questo fatto la situazione reale, ovvero che dentro alla lampade c’è condensa? In questo caso non si tratta di chiedere garanzie sulle prestazioni di un prodotto da acquistare, garanzie certo non garantite comunque da un certificato, si tratta invece di chiedere se un certificato dice il contrario di ciò che è successo e palesemente dimostrabile.
Sarebbe come se qualcuno mi chiedesse se è veritiero un documento in cui si afferma che io ho 20 anni, cosa di cui è assolutamente verificabile il contrario.
Purtroppo questi casi al limite dell’assurdo e del farsesco fanno parte della realtà quotidiana ed invece di identificare chiaramente delle lucciole, si cerca un pezzo di carta dove sta scritto che sono lanterne.
Ribadiamo ancora una volta che ciò che conta legalmente e realmente NON è un certificato, fosse anche rilasciato da un essere superiore, perchè esso è SEMPRE relativo ad un campione, ciò che vale e deve essere sempre assieme al prodotto, ogni singolo prodotto, è la dichiarazione di conformità nella quale il fornitore afferma che il prodotto è conforme e di questa dichiarazione si assume piena responsabilità.
Cari imprenditori smettetela di farvi prendere in giro o addirittura di prendervi in giro da soli, i certificati per i prodotti di serie sono SEMPRE E SOLO carta, le caratteristiche del prodotto dipendono da chi lo ha fatto, non da un certificato.
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Dal 2021 il Regolamento (UE) 2017/745, salvo alcune eccezioni, rimane l’unica legge Europea che disciplina i dispositivi medici. Esso prevede che, procedure relative alla tracciabilità, entrino in vigore negli anni successivi a scaglioni differenti legati alla classe di rischio del dispositivo medico.
Cosa prevede il Regolamento (UE) 2017/745 per la tracciabilità dei dispositivi medici?
La tracciabilità dei dispositivi medici è corredata anche dall’implementazione di un “sistema UDI” e dalla presenza di un registro europeo denominato EUDAMED, nel quale è previsto che venga registrato ogni singolo fabbricante di dispositivi medici, denominato “attore”, ed ogni singolo dispositivo medico immesso sul mercato europeo.
Il registro EUDAMED era già presente nel 2021 e già da allora avrebbe dovuto funzionare; infatti, a che scopo approvare una legge che prevede una specifica procedura ed uno strumento ben definito, come un registro di codici, se quello strumento non è pronto e funzionante?
La registrazione dei dispositivi medici
In questi anni in Italia la procedura di registrazione dei dispositivi medici è passata tramite il Ministero della Sanità che ha continua a svolgere il suo ruolo come quando era in vigore la Direttiva 93/42/CE. Il portale di registrazione italiano è stato poi aggiornato nel 2021 per far fronte al nuovo Regolamento (UE) 2017/745 visto che Eudamed non era ancora pienamente funzionante e quindi non richiesto per soddisfare i requisiti di legge.
Vale la pena di chiedersi: chi ha registrato dopo Maggio 2021 i propri dispositivi medici sul portale del Ministero della Salute, dovrà fare anche la registrazione in Eudamed? Verrà riportata automaticamente? Ci saranno deroghe? Alla fine un ritardo a livello Comunitario ha creato dei problemi di registrazione ai fabbricanti che non ne hanno colpa, creando potenzialmente un danno, soprattutto se dal 2021 ad oggi hanno registrato centinaia di prodotti.
Attenzione
C'è sempre chi fa confusione tra certificazione e dichiarazione: la prima deriva da prove eseguite su un campione test, la seconda è di pertinenza del fabbricante, è destinata al cliente e riguarda ogni singolo prodotto immesso sul mercato.
In cosa consiste il "sistema UDI"?
Ad ogni dispositivo medico dovrà essere assegnato un identificativo univoco, che prende il nome di “UDI”. Questo termine identifica:
- UDI-DI di Base
- UDI-DI
- UDI-PI
- Vettore UDI
I codici UDI sono determinanti ed indispensabili per la registrazione di un dispositivo medico presso il portale Eudamed. Essi sono già obbligatori per i dispositivi medici dal 2021, indipendentemente dalla registrazione che verrà.
Cosa cambia dal 2025 per EUDAMED?
Finalmente quest’anno, nel 2025, EUDAMED entra in funzione in modo completo, magari per scaramanzia ci aggiungiamo un “forse” ed un “speriamo”; quindi, finalmente tutti i discorsi dei vari “esperti” del grande mare web termineranno e qui “lo speriamo” ci sta tutto.
Fabbricanti di dispositivi medici e vari addetti ai lavori ci sono due possibilità per spiegare quanto accaduto:
- Il metodo “italiano” è stato esportato a livello europeo.
- Eravamo convinti che fosse il metodo “italiano”, ma non ne eravamo gli unici titolari.
La buona notizia è che dopo quattro anni qualcosa di dichiarato obbligatorio, finalmente sarà anche possibile.
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