Dichiarazione di incorporazione
Quando si realizza una quasi macchina il concetto di conformità è soggetto ad ulterio controllo priam dell’incorporazione.
La dichiarazione di incorporazione è un documento necessario per i prodotti definiti come “quasi-macchine”.
Cosa si intende per “dichiarazione”?
Sentiamo quasi quotidianamente parlare di “certificati di conformità” confusi con la “dichiarazione di conformità”, esattamente come scambiare il dito con la luna. Quindi, introdurre un altro tipo di “dichiarazione” ossia la dichiarazione di incorporazione, ci preoccupa un po’. Tuttavia, le spiegazioni sono sempre utili, forse possono fugare la confusione, basata certamente su cattiva informazione.
Dichiarazione è un termine semplice significa affermare in modo formale qualcosa di preciso.
“Dichiarazione di conformità” significa che esistono dei criteri da rispettare, contenuti in una direttiva e/o in una norma e che essi sono rispettati da un determinato prodotto.
Redigere la “dichiarazione di conformità” di un prodotto (obbligatoria per qualsiasi prodotto immesso sul mercato UE), significa dichiarare che quel prodotto rispetta le leggi che lo regolano, e ce n’è sempre almeno una.
Cosa formalizza la dichiarazione di incorporazione?
Questo documento afferma che il prodotto a cui si riferisce rispetta le leggi che lo disciplinano ed è adatto ad essere “incorporato” in un insieme più complesso (macchina o impianto), ma la sua conformità si realizzerà se e solo se, l’incorporazione avverrà in modo corretto.
In realtà mentre la dichiarazione di conformità è un’assunzione di responsabilità del fabbricante, la dichiarazione di incorporazione rappresenta quasi una manleva.
La dichiarazione di incorporazione infatti dice che il prodotto potrà essere incorporato solo dopo che si sarà valutata l’idoneità all’incorporazione e che questa operazione rispetterà le leggi vigenti.
Quindi nel caso il prodotto non fosse idoneo all’utilizzo previsto, è il soggetto che esegue l’incorporazione che si assume la responsabilità di utilizzarlo, mentre invece dovrebbe escluderlo dall’utilizzo.
La contestazione al fornitore può avvenire prima dell’incorporazione e non dopo, quando il prodotto è già stato in qualche modo utilizzato.
La differenza tra le due dichiarazioni è molto grande, soprattutto in ambito di responsabilità assunta; pertanto, sarebbe opportuno che i fabbricanti conoscessero bene questi due tipi di documenti.
Purtroppo, siamo ancora fermi al “certificato” al posto della “dichiarazione”, quindi la necessità di chiarezza è molta.
Esistono prodotti che necessitano sia di dichiarazione di conformità che di dichiarazione di incorporazione?
La risposta è sì.
Per fornire un esempio di prodotto che può essere accompagnato dalle due diverse dichiarazioni citiamo il nastro trasportatore.
Questo prodotto può essere utilizzato da solo per sollevare dei carichi tra due piani, è di fatto una macchina e necessita della dichiarazione di conformità alla direttiva macchine.
Lo stesso nastro, posto tra due diverse macchine operatrici ed ad esse asservito, diventa una quasi macchina e deve essere accompagnato dalla dichiarazione di incorporazione. La responsabilità del suo utilizzo infatti dipende da chi comporrà l’insieme.
Quindi due termini che si assomigliano, che NON sono “certificati” ma “dichiarazioni”, ma che hanno significati MOLTO diversi.
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Dal 2021 il Regolamento (UE) 2017/745, salvo alcune eccezioni, rimane l’unica legge Europea che disciplina i dispositivi medici. Esso prevede che, procedure relative alla tracciabilità, entrino in vigore negli anni successivi a scaglioni differenti legati alla classe di rischio del dispositivo medico.
Cosa prevede il Regolamento (UE) 2017/745 per la tracciabilità dei dispositivi medici?
La tracciabilità dei dispositivi medici è corredata anche dall’implementazione di un “sistema UDI” e dalla presenza di un registro europeo denominato EUDAMED, nel quale è previsto che venga registrato ogni singolo fabbricante di dispositivi medici, denominato “attore”, ed ogni singolo dispositivo medico immesso sul mercato europeo.
Il registro EUDAMED era già presente nel 2021 e già da allora avrebbe dovuto funzionare; infatti, a che scopo approvare una legge che prevede una specifica procedura ed uno strumento ben definito, come un registro di codici, se quello strumento non è pronto e funzionante?
La registrazione dei dispositivi medici
In questi anni in Italia la procedura di registrazione dei dispositivi medici è passata tramite il Ministero della Sanità che ha continua a svolgere il suo ruolo come quando era in vigore la Direttiva 93/42/CE. Il portale di registrazione italiano è stato poi aggiornato nel 2021 per far fronte al nuovo Regolamento (UE) 2017/745 visto che Eudamed non era ancora pienamente funzionante e quindi non richiesto per soddisfare i requisiti di legge.
Vale la pena di chiedersi: chi ha registrato dopo Maggio 2021 i propri dispositivi medici sul portale del Ministero della Salute, dovrà fare anche la registrazione in Eudamed? Verrà riportata automaticamente? Ci saranno deroghe? Alla fine un ritardo a livello Comunitario ha creato dei problemi di registrazione ai fabbricanti che non ne hanno colpa, creando potenzialmente un danno, soprattutto se dal 2021 ad oggi hanno registrato centinaia di prodotti.
Attenzione
C'è sempre chi fa confusione tra certificazione e dichiarazione: la prima deriva da prove eseguite su un campione test, la seconda è di pertinenza del fabbricante, è destinata al cliente e riguarda ogni singolo prodotto immesso sul mercato.
In cosa consiste il "sistema UDI"?
Ad ogni dispositivo medico dovrà essere assegnato un identificativo univoco, che prende il nome di “UDI”. Questo termine identifica:
- UDI-DI di Base
- UDI-DI
- UDI-PI
- Vettore UDI
I codici UDI sono determinanti ed indispensabili per la registrazione di un dispositivo medico presso il portale Eudamed. Essi sono già obbligatori per i dispositivi medici dal 2021, indipendentemente dalla registrazione che verrà.
Cosa cambia dal 2025 per EUDAMED?
Finalmente quest’anno, nel 2025, EUDAMED entra in funzione in modo completo, magari per scaramanzia ci aggiungiamo un “forse” ed un “speriamo”; quindi, finalmente tutti i discorsi dei vari “esperti” del grande mare web termineranno e qui “lo speriamo” ci sta tutto.
Fabbricanti di dispositivi medici e vari addetti ai lavori ci sono due possibilità per spiegare quanto accaduto:
- Il metodo “italiano” è stato esportato a livello europeo.
- Eravamo convinti che fosse il metodo “italiano”, ma non ne eravamo gli unici titolari.
La buona notizia è che dopo quattro anni qualcosa di dichiarato obbligatorio, finalmente sarà anche possibile.
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